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13 Gennaio 2017 - 15:34
Prima ancora dei reality show, dei talent, delle serie Tv impossibili e dei medici in prima linea, a fare sognare i giovani telespettatori dei primi anni ’80 erano loro: il gruppo di amici di “Saranno famosi”, il telefilm ambientato nella prestigiosa High School of Performing Arts di New York. E così, trovarsi di fronte a Lee Curreri (classe 1961), alias il Bruno Martelli della serie, pianista e compositore di origine italiana, non può che fare un certo effetto. Così come scoprire il suo amore per Torino, dove proprio ieri sera, al Q 77, ha tenuto il suo concerto insieme con la band Mode. Ma la sua prima passione resta la musica di cui è diventato un importante interprete, compositore e autore per numerosi artisti, fra cui Natalie Cole.
Insomma Lee, alla fine lei famoso lo è diventato davvero?
«Sì, e devo molto a quella serie Tv e al successivo film grazie al quale mi trasferii giovanissimo da New York a Los Angeles, dove ancora oggi vivo con la mia famiglia, mia moglie e i miei due figli maschi di 15 e 16 anni. Per me è stata un’esperienza importantissima, fino ad allora avevo sempre e solo studiato musica, mi trovai da un giorno all’altro a fare l’attore».
Chi era Bruno Martelli?
«Era Lee Curreri. Non mi comportavo come un vero attore nel telefilm sono sempre stato me stesso, non ho mai recitato».
E adesso gira il mondo con i concerti. Cosa pensa di Torino?
«E’ una città bellissima che però mi piacerebbe visitare di più. Se riesco oggi prima di partire vado a visitare il Museo del Cinema, spero proprio di riuscire a farlo, mi affascina».
Che tipo di musica suonate?
«Musica Ska con brani nostri originali cui si aggiungono cover di Bruce Springsteen, Zucchero e Jovanotti».
In che rapporti è rimasto con gli ex protagonisti di “Saranno famosi”?
« Io e Carlo Imparato (Danny Amatullo, ndr) siamo molto amici, così come io e Erica Gimpel (Coco, ndr) e Lori Singer (Julie, ndr)».
In che rapporti era con Albert Hague (il professor Shorofsky)?
«Eravamo molto legati, lui è stato una persona fondamentale per la mia vita e per la mia carriera, mi manca molto. Così come mi manca Gene Anthony Ray (Leroy, scomparso molto giovane nel 2003, ndr), lo vidi sei mesi prima che morisse, ci penso ancora».
Come giudica i talent di cui oggi la Tv è piena?
«Credo che siano un’arma a doppio taglio, se sei fortunato sfondi, ma se fai brutta figura può essere la fine».
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