San Giovanni Bianco

PARROCCHIALE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

Architettura: sec XIX e XX, preesistenze del sec. XV; cappella della Sacra Spina. Dipinti in sacrestia: 2 tele con Madonna, Bambino e Santi di C. Ceresa e ritratto di San Gregorio Barbarigo dello stesso autore, sec. XVII; Immacolata, sec. XVIII; 4 tele con gli Evangelisti, sec. XVII.

La parrocchiale deve la sua principale attrattiva al fatto di ospitare la reliquia della Sacra Spina, qui portata e donata dal soldato di ventura Vistallo Zignoni, figlio di questa terra, quando fu sottratta al patrimonio di Carlo VIII, re di Francia, sconfitto nella battaglia di Fornovo sul Taro dalle truppe imperiali (1495). Da allora la sacra reliquia è stata oggetto di grande devozione popolare, documentata anche da testimonianze che hanno visto germogliare la Sacra Spina nel corso dei secoli successivi.

L’edificio. La costruzione, a pianta centrale, campeggia al centro del paese incombendo con la facciata sulla strada principale e mostrando i bei volumi dell’abside, della sacrestia e del tiburio se la si guarda a distanza dal Brembo. L’edificio, di stile neoclassico, è ampio e solenne; all’interno di grande interesse è la cappella della Sacra Spina che ospita, secondo la tradizione, una spina della corona di Cristo: la cancellata ottocentesca, la presenza degli ex voto, i due grandi dipinti che rappresentano episodi storici (la battaglia di Fornovo) creano un ambiente di notevole suggestione.

La parrocchiale di San Giovanni Bianco

I dipinti. I dipinti più importanti e più antichi sono racchiusi nella sacrestia progettata da Luigi Angelini agli inizi del ‘900: è una piccola pinacoteca con opere di Carlo Ceresa: una Madonna in gloria con Sant’Apollonia, San Nicola da Tolentino, Santa Lucia e due offerenti, opera giovanile del grande pittore di San Giovanni che già mostra la sua straordinaria abilità di ritrattista nelle teste dei due donatori; una seconda tela con Madonna Bambino e Santi, tra i quali è ben riconoscibile Sant’Antonio da Padova che riceve un giglio dal lunghissimo gambo da Gesù bambino; il ritratto di Gregorio Barbarigo, giovane vescovo di Bergamo al tempo del Ceresa, figura che sembra uscire da un’iconografia manzoniana tipicamente secentesca (i baffi, il pizzo) e che emana una sincera umanità per lo sguardo così aperto e quasi intimidito.

Tra le altre tele della sacrestia una bellissima Madonna che schiaccia il serpente, la cui eleganza nel drappo azzurro fa pensare a un pittore veneziano del ‘700, vicino a G.B. Tiepolo; una Madonna con due Santi vescovi e un Santo francescano del ‘600; un curioso Cristo torturato da un sodato lanzichenecco, di gusto nordico, anch’esso del ‘600; un ritratto settecentesco già attribuito al Galgario; quattro tele con gli evangelisti sempre del ‘600; resti di affreschi quattrocenteschi e ritratti di parroci.

L’arredo. Belli gli armadi della sacrestia realizzati su disegno dell’Angelini, che ha progettato anche i confessionali, i banchi presbiteriali, il coro, le cantorie, il pulpito e la custodia del fonte battesimale.

Tra i numerosi capolavori di oreficeria del ‘600 e ‘700, si segnala il reliquiario della Sacra Spina, in argento dorato del 1770, che ha la forma di un ostensorio di stile rococò.

La reliquia della Sacra Spina
FRAZIONE CORNALITA, CHIESA DEL CORPUS DOMINI

Architettura: sec. XIII-XV. Dipinti. Affreschi del portico secoli XIV e XV; affreschi all’interno sec. XV. Tele del presbiterio sec XVII.

L’edificio. La chiesa, forse la più antica del territorio, sorge al centro del paese in bella posizione sulla destra della strada che proviene da San Giovanni. Nel contesto del borgo e dei prati la precede un arioso sagrato, che ci permette di contemplare la facciata nella sua originale asimmetria: infatti a sinistra si nota il volume della canonica alla stessa altezza della facciata della chiesa, sulla destra si estende, per tutta la lunghezza della chiesa stessa, un portico largo e basso preceduto da un arco ampio e terminante in una absidiola che si affianca a quello della chiesa: è un complesso affascinante che conserva un carattere rustico ma elegante al tempo stesso. L’interno è ad aula unica sorretta da arconi gotici trasversali. Il campanile mostra l’originale carattere romanico.

I dipinti. L’originalità dei volumi architettonici si somma con la ricchezza del repertorio figurativo degli affreschi esterni ed interni. Le superfici murarie mostrano dovunque pallide cromie di dipinti devozionali (sui pilastri e nel portico) o di decorazioni geometriche ormai perdute (sulla facciata). Le immagini più belle sono quelle del portico che ripetono il tema della Madonna con Santi, tra i quali il più rappresentato è Sant’Antonio abate. L’iconografia è ripetitiva, tuttavia tutte le figure emanano il fascino un po’ naif della pittura popolare non senza particolari eleganti o graziosi: così è per la Madonna in trono che porge con infinita grazia un melograno a Gesù bambino, o per il barbuto Sant’Antonio che ci guarda con fissità bizantina dalla parete interna dell’ingresso del portico.

All’interno della chiesa i dipinti più antichi sono quelli della parete che precede il presbiterio, dove tra vari frammenti si possono riconoscere alcune gustose scene della vita di Maria e di Cristo: la Visitazione, la Natività, il Battesimo, la Trasfigurazione e la Resurrezione di Lazzaro a sinistra; Gesù al tempio, la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme e Cristo risorto sulla destra.

I dipinti dell’abside del portico. La cappella al fondo del portico (oltre la fastidiosa grata) racchiude un ciclo di affreschi che costituisce un autentico gioiello: in 22 riquadri sono narrate le storie di Maria da un pittore anonimo che ha lavorato qui nella seconda metà del sec. XV; è rara sia la collocazione (probabilmente si trattava di un oratorio a fianco della chiesa), sia lo stato di conservazione dell’intero ciclo. L’anonimo autore aggiunge al tradizionale gusto narrativo anche le novità del primo Rinascimento (probabilmente la fonte è il trevigliese Butinone), come le prospettive delle piastrelle del pavimento o le cornici. In alto incombono la ieratica figura di Cristo, racchiuso nella mandorla, e quelle dei Padri della Chiesa.

La chiesa del Corpus Domini a Cornalita
FRAZIONE FUIPIANO AL BREMBO, PARROCCHIALE DEI SANTI FILIPPO E GIACOMO

Architettura: ricostruita nel sec. XVIII e restaurata alla fine del sec. XIX. Dipinti: tela del Ceresa, sec. XVII; tele con curiose iscrizioni, secoli XVII – XVIII

Nel 1508 a Venezia nella chiesa di San Rocco 28 membri della famiglia Busi si costituiscono in società per inviare opere alla chiesa del loro paese d’origine: questo comportamento, comune a molti emigrati della valle, spiega la ricchezza del patrimonio di questa chiesa e la provenienza da Venezia, città dove emigravano molti valligiani per trovare lavoro. Un membro della famiglia originario di Fuipiano è quel Giovanni Busi, detto Cariani, che è stato uno dei più importanti pittori veneziani di origine bergamasca del ‘500.

I dipinti. Nella chiesa si conservavano tre tele del Ceresa, di cui rimane solo la pala dietro l’altare, una Pietà con quattro Santi e le teste dei due donatori: qui colpisce il colore livido dei corpi di Cristo e di San Sebastiano, quasi una fotografia dei cadaveri della pestilenza, e il realismo dei ritratti dei due donatori, racchiusi in ovali come dei medaglioni. Nella stessa chiesa possiamo ammirare nella controfacciata un’Annunciazione del 1687, fatta eseguire da una tale Margherita Sonzogno, che si è fatta ritrarre; altri dipinti del ‘600 o del ‘700, nella prima cappella a sinistra, nel presbiterio e in sacrestia, presentano curiose didascalie in versi dedicate a San Teodoro, San Paolo, San Martino e San Giorgio. L’organo è un Carlo Bossi del primo ‘800.

FRAZIONE PIANCA, CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE

Architettura: sec. XV, ricostruita nel sec. XVIII. Dipinti: Madonna e Santi di C. Ceresa, 1630. Scultura: statua lignea Sant’Antonio abate del sec. XV. Arredo sacro: confessionale e pulpito fantoniani

L’edificio. Le strutture della antica chiesa dei sec. XIV e XV sono rintracciabili nell’abside e nei muri di destra sotto il portico. L’interno, a navata unica con cappelle, presenta il caratteristico aspetto barocco delle chiese settecentesche.

I dipinti. La tela del Ceresa rappresenta San Rocco tra San Sebastiano e San Bartolomeo ed è opera commissionata dalla comunità, come testimonia la scritta in basso “ex voto communitatis”. I sopravvissuti dal terribile contagio del 1630 ringraziano i Santi per essere ancora vivi: la devozione nei confronti di San Rocco è tale che il Santo viene posto al centro in assenza della consueta presenza mariana; la figura di San Sebastiano, già esemplare di anatomia classica nei pittori più celebrati, qui appare contorto in una gestualità drammatica, certamente memore dei tragici momenti passati. Le altre tele sono tutte di buon livello e vanno dalla fine del ‘500 (Madonna della Pietà; Sant’Antonio abate e San Nicola di Bari), al ‘600 (Madonna con bambino, scuola milanese, sul presbiterio), al ‘700 (Madonna del Rosario e Sant’Antonio). In sacrestia è conservato ciò che resta degli affreschi quattrocenteschi strappati sotto il portico.

Scultura. La statua di Sant’Antonio abate è stata restaurata e restituita al suo aspetto originale, dopo le numerose ridipinture dorate del ‘700 e dell’‘800, che hanno trasformato il monaco in un vescovo; si tratta di un’opera quattrocentesca rara nella bergamasca sia per l’antichità che per la qualità, veramente alta. La grande barba, le spalle spioventi, la rigidità ne fanno un esemplare locale di scultura gotica.                                             

Arredo. Da segnalare la ricchezza del decoro settecentesco e ottocentesco, in particolare i marmi dell’altare maggiore, un confessionale con colonne tortili e il pulpito con decorazioni e tarsie del ‘600.

Particolare della statua di Sant’Antonio abate
FRAZIONE PIAZZALINA, CHIESA DI SANT’ANNA

Architettura: sec. XV. Dipinti: affreschi, secoli XV-XVI

L’edificio. Lungo la via Mercatorum si trova questa piccola chiesa-oratorio immersa nel verde dei boschi, che offre riparo ai viandanti con il suo portico: è una struttura molto semplice, ad aula unica come se ne trovavano tante lungo gli antichi percorsi.

I dipinti. L’affresco della facciata si trova sopra il tetto del portico e sotto la sporgenza del tetto della chiesa, quindi non è facile la visione intera. Un artista anonimo ha rappresentato l’Annunciazione a Maria, dato che la chiesa è dedicata alla madre Anna; a sinistra l’Arcangelo Gabriele, a destra la Vergine inginocchiata con le mani incrociate sul petto, al centro Dio Padre che si affaccia dall’alto, ma l’aspetto più originale è lo sfondo, costituito da elementi architettonici di vario tipo: colonne, archi, portali, guglie e altri elementi decorativi. Sulla destra, tra Dio padre e la Vergine, un bel palazzo rinascimentale che sembra copiato da un trattato di prospettiva: il pittore ha voluto fare bella mostra delle sue conoscenze, dipingendo un repertorio di forme moderne senza porsi il problema della coerenza spaziale.

FRAZIONE SAN GALLO, PARROCCHIALE DI SANTA MARIA ASSUNTA

Architettura: sec. XIX. Dipinti: polittico di Leonardo Boldrini, inizi sec. XVI; tela con la Visitazione con i Santi Rocco e Sebastiano, sec. XVII

L’edificio. La chiesa è stata costruita nell’‘800 e, all’interno, presenta le caratteristiche decorazioni con dorature e stucchi di gusto neoclassico; la costruzione fu particolarmente laboriosa a causa dei cedimenti del terreno.

I dipinti. Il gioiello della chiesa è costituito da un bellissimo polittico a 6 scomparti, collocato dietro l’altare maggiore, firmato da Leonardo Boldrini, pittore poco conosciuto, di scuola veneziana, allievo di Bartolomeo Vivarini e poi influenzato da Giovanni Bellini. Bella ma moderna la cornice di imitazione classica, opera disegnata da Luigi Angelini nel 1922. Il dipinto stilisticamente si colloca tra la fine del gotico fiorito e il Rinascimento: notevoli le finezze coloristiche tipiche di una pittura limpida e quasi smaltata (Vivarini). In alto sulla destra si noti l’iconografia di San Sebastiano, abitualmente dipinto nudo con le frecce, che qui è pudicamente vestito con un abito elegantissimo e tiene in mano due frecce, simbolo del martirio. Deliziosa la rappresentazione dell’Annunciazione, ingentilita dalla presenza di due pavoni nell’architrave sovrastante; nella parte centrale del polittico l’Incoronazione della Vergine da parte di Cristo, con Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo, è incastonata in un trono marmoreo impreziosito dall’oro con figure di cherubini sullo sfondo. Tra le varie tele del ‘600 della navata si distingue una Visitazione del Ceresa o, più probabilmente, della sua bottega, che in primo piano ci mostra i Santi della peste: un nerboruto San Sebastiano e un San Rocco che ci indica la piaga della peste sulla gamba.

L’arredo. L’organo è stato costruito dalla famiglia Giudici-Sgritta nel 1863 sulla base di criteri innovativi. Tra gli arredi conservati una croce processionale e un turibolo d’argento del ‘600.

Il polittico del Boldrini
FRAZIONE SAN GALLO, SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLA COSTA

Architettura: 1782, con preesistenze dei sec. XVI e XVII. Dipinti: due tele di C. Ceresa, metà sec. XVII; frammenti di affreschi del sec. XVI; tela anonima dell’Adorazione dei Magi sec. XVII.

L’evento miracoloso che causò la devozione popolare e la costruzione del Santuario fu l’apparizione di gocce di sangue in un’immagine sacra, che è ancora oggi conservata nel Santuario. Si tratta di un curioso disegno monocromo su carta (pergamena?) che rappresenta in basso la Madonna con bambino, adorata dai Magi con altri Santi, in alto un’Ultima cena, cui assistono altri Santi.


L’edificio. Il santuario è collocato in splendida posizione panoramica, che domina tutto il fondovalle. L’edificio attuale è stato costruito nel ‘700, poiché quello preesistente aveva dato segni di cedimento strutturale; della costruzione precedente rimane il bel porticato del 1603. L’interno presenta la tipica decorazione con stucchi e dipinti tardo barocchi.

I dipinti. Nella stanza del Miracolo e nella cappella feriale si possono vedere resti di affreschi cinquecenteschi, diversi ex voto assai gustosi e la seicentesca Adorazione dei Magi. Le opere più importanti sono due tele di Carlo Ceresa che rappresentano Cristo in croce venerato da San Giovanni Battista, San Francesco e San Pietro e la Madonna in trono venerata da Sant’Antonio abate, San Giuseppe e una Santa Monaca: in entrambe ciò che più colpisce è il realismo dei volti (la monaca, San Pietro) e la bellezza dei colori (i rossi, gli azzurri). Nella controfacciata, sopra l’ingresso, una bella Presentazione al tempio di Maria Bambina di Mauro Picenardi, sec. XVIII. Nell’abside, dietro l’altare, altre tele degne di nota sono la pala centrale con la Beata Vergine del Carmelo con i Santi Domenico, Bonaventura e Caterina e i due dipinti laterali con la Nascita di Maria e la Fuga in Egitto, sempre del Picenardi. L’organo è un Perolini della fine del ‘700.

FRAZIONE SAN PIETRO D’ORZIO, PARROCCHIALE DI SAN PIETRO

Architettura: è opera moderna. Dipinti: Antonellus, Pietà, fine sec. XV; C. Ceresa, Madonna con bambino e Santi e Sacra Famiglia e Santi, 1631; C. Ceresa, Madonna in gloria con Santi e ritratti dei committenti, sec. XVII; C. Ceresa, San Rocco che invoca la Sacra Famiglia, sec. XVII; pittore caravaggesco, Deposizione del 1656.  Arredo: nella sacrestia armadio in noce del ‘600. Paramenti sacri: assai ragguardevole è la dotazione di paramenti con bellissime stoffe con ricami in oro e argento del ‘500 e del ‘600

I dipinti. Nel primo altare a destra di grande suggestione è una tavola della fine del ‘400 o dei primi del ‘500 che raffigura una Pietà di un autore non identificato che si firma con il nome di Antonellus (forse Antonello di Saliba); essa ci presenta una Madonna che tiene in grembo Cristo morto, secondo un’iconografia nordica, utilizzata anche da Michelangelo nella famosa Pietà del Vaticano. Il fascino di quest’opera sta nei suoi caratteri sobri e distaccati, nella chiarezza compositiva, nel paesaggio veneto e nella luminosità diffusa, tipica delle opere del primo Rinascimento, infatti è stata a suo tempo attribuita a Cima da Conegliano, il famoso allievo di Giovanni Bellini.

Nella chiesa sono presenti tre tele di Carlo Ceresa: una Madonna in gloria con Sant’Anna, San Francesco e due ritratti di anziani devoti; una Sacra Famiglia con San Giovannino e quattro Santi, tra i quali colpisce il colore livido del corpo di San Sebastiano e il viso scarno e sciupato di San Rocco, che testimoniano le pestilenze che avevano decimato la popolazione in quegli anni (1631); infine, proveniente dalla chiesetta della frazione Bosco, una tela con San Rocco che invoca la Sacra Famiglia, dove, in primo piano, troviamo una delle rappresentazioni più belle del grande pittore di San Giovanni Bianco: uno splendido nudo di San Sebastiano, esaltato da un fiammeggiante drappo rosso, un San Rocco dal viso scavato e dall’espressione patetica e un autentico ritratto dell’onnipresente San Carlo, vescovo di Milano.

Un’altra opera di grande interesse, collocata, sopra l’ingresso al campanile è una tela donata da un privato alla parrocchiale: è una Deposizione del ‘600 che mostra chiari elementi caravaggeschi (forti contrasti di luce ed ombra).

La Pietà di San Pietro d’Orzio
FRAZIONE SAN PIETRO D’ORZIO, LOCALITÀ GRUMO, CHIESA DI SAN GIACOMO

Architettura: 1789. Dipinti: tela con San Giacomo e altri Santi, sec. XVIII.

L’edificio. Sulla piazzetta del suggestivo borgo di Grumo si affaccia la chiesetta di San Giacomo. A navata unica, con abside cilindrica e campanile, mostra sul portale la data della fondazione: 1789.

I dipinti. L’interno ha la tipica decorazione tardo ‘700; il dipinto più interessante è la tela settecentesca della controfacciata con San Giacomo al centro, la Vergine in alto e i Santi Carlo, Stefano, Girolamo e un Santo non identificabile con saio. Nella piccola sacrestia una curiosa immagine di San Rocco, con la tradizionale iconografia (cane, piaga sulla gamba), ma con uno stile ormai da “immaginetta” moderna.

LOCALITÀ SENTINO, CHIESA DI SAN MARCO

Architettura: sec XV. Dipinti: C. Ceresa: Pietà, 1640; tele con San Rocco e Tre Santi del sec. XVII. Scultura: ancona in pietra dipinta con San Marco, San Pietro e Paolo e Dio Padre con Angeli

L’edificio. Suggestiva chiesetta in posizione appartata, ma facilmente raggiungibile dalla strada che da San Giovanni Bianco porta alla Pianca. Un tempo il portico del fianco destro offriva riparo e culto ai viandanti della via Mercatorum.

L’edificio si presenta restaurato con la tipica struttura a capanna delle chiese tra ‘400 e ‘500. Sopra il portale è ancora conservata una rustica Madonna con San Sebastiano e San Marco, cui è dedicata la chiesa. Sotto il portico è visibile un rilievo con il leone di San Marco. Nell’interno l’aula, rinnovata da un recente restauro, presenta stucchi e decorazioni di gusto eclettico, tra rococò e neogotico.

I dipinti. È qui conservato, sulla parete sinistra, un capolavoro assoluto di C. Ceresa: una bellissima Pietà, in cui l’autore sembra abbandonare il realismo che caratterizza molte sue opere, per mostrare un linguaggio di gusto classico; la commozione della madre è controllata, la gestualità è misurata, le tonalità sono neutre, la composizione ha un ritmo armonico: siamo di fronte a una delle opere più mature dell’artista. Ai lati dell’arco del presbiterio due belle tele dei primi del ‘600.

Le sculture. Una vera rarità è rappresentata da un gruppo di sculture policrome, collocate sulla parete dell’abside: San Pietro, San Marco e San Paolo; si tratta di sculture in pietra dipinte alla fine del ‘400, valorizzate da un restauro che ha esaltato la policromia originale. La fissità delle pose, la purezza dei colori appartengono alla tradizione medievale. Si noti che la mensa dell’altare, con le sculture di Dio Padre e angeli, faceva parte in origine di un unico complesso assieme alle altre sculture. L’ultimo restauro ha mantenuto la sistemazione operata, quando la chiesa è stata decorata in età recente.

La Pietà di Carlo Ceresa